
Invitato oggi dalla mia amica Ari-chan ad un concerto di una sua amica (“Lui? E’ amico di amici”), giungo allegro e giulare in quel dell’Università Waseda.
Gli studenti hanno ormai aperto le danze da un pò, dopo la recente vittoria nel solito match semestrale di baseball Keio contro Waseda: il Keisousen o Soukeisen.
I due nomi si devono al fatto che a seconda di quale parte si tiene si può cambiare l’ordine di lettura: ovviamente va letto col primo kanji per il team per cui si tiene.
Quest’ultima cosa dell’ordine dei kanji è sostenuta a spada tratta da tantissime persone, fra le quali gli Ouendan (gli incitatori della folla) stessi, che ne fanno motivo d’onore.
E’ anche da dire che sti poveracci di Ouendan non è che c’hanno tanto altro da fa eh, poracci.
Un amico me lo raccontava, e ascoltavo interessato.
Entri a scola e sei primino e quelli del quarto anno cominciano a piatte a carci e strillatte dentro l’orecchio medio, poi te fanno strillà a loro volta per dire qualsiasi cosa, gridà quando corri, quando te scusi e quando te riferisci agli altri, come se stessi sempre a parlà co Matusalemmix, e poi vai di flessioni, carcinculo se nun bastavano, corsa Kiai (ovvero a gridà) de n’ora che manco a Licani, che alla fine della giornata se te dice bene c’hai la voce daa Iervolino .
E se arrivi tardi e hai la voce piccola che ie fai pena ar capo dei strillatori ovviamente volano i pizzettoni che manco terensille.
Guardate il video dimostrativo della loro carriera di incitatori, probabilmente anche dalle sole immagini capirete.
http://www.youv.jp/video/atpr00-id-726OW378/
A domande tipo: “hai mai pensato di smettere?”, il tizio dice “ogni giorno”, che neanche Palla De Lardo me faceva cosi pena, ma difficilmente perderà un tale onore di far parte dei 25 che stanno a sbracciasse per tenere alto il morale.
La rivalità fra le due Università è qualcosa di unico (anche per quanto riguarda i gruppi Ouen) e un po’ difficile da definire, forse un po’ come una volta era il derby a Roma ma seguito da tutto il Giappone, non solo nella zona della capitale e limitrofe tuscie e maremme varie.
E, ovviamente, senza uccisioni.
Insomma giri per la città e vedi nelle izakaya (ristorantini tipici dove i salaryman si incontrano la sera prima di rigozzare per le strade) gente che prenota settimane prima solo per vedere il match, o grappoli di persone nei department store acquistare tv nuove aidefiniscio di proposito and so on.
Io ovviamente ho presenziato alla partita l’anno scorso con l’uni, seduto tra gli Ouendan e le cheerleaders anche io ad urlare Keioo Keiooo co er cinese e l’artri.
Le incitazioni della Keio sono fortissime ed ispirano alta tradizione, ma fossi in loro ci piazzavo KIIIP U BURNIN’, SUSUMANAKYA co kensciro che ie se vedono e stellette e a moto che sarta, anaca.
La vittoria come si può immaginare sta botta è andata ai pecorari della Waseda, e in tv e nei tg si vede a rullo per giorni il capitano della squadra di contadini rispettare le procedure di rito in questo caso: fare il cazzone, fare la faccia da bravo ragazzo, arrossire dopo un paio di incespicature per attirare le galline urlanti della prima fila, dire di getto una frase di buon augurio per la partita successiva e fuggire inseguito da bodyguard con gli occhiali da sole anche de notte.
E io che aspettavo la scena del formaggio coi vermi.
In Giappone praticamente ste immagini della loro vittoria vanno a reti unificate fino a quando anche quel rincoglionito dell’uomo più vecchio del mondo (un giapponese che hanno intervistato l’altro giorno e che sapeva dire a stento fffhhh, fffhhh, fffffhhhhono l’uomo più vecchio del mondo) non ha percepito bene chi ha vinto.
Se sbrigasse a crepà che qui nu iaa famo più a vede sempre sta roba della Waseda.
Aò daie che tanto pure si campi du giorni in più capace che te piove.
Ah, parentesi al volo: per chi non lo sapesse, c'è una leggenda che vuole che la Keio sia, oltre che una delle migliori università del Giappone, anche una delle più costose, l’università dei ricchi, di Fukuzawa Yukichi e degli atamagaii (i capoccioni, escluso io), e la Waseda quella dei campagnoli: il bello è che questa verità è per lo più (ho scritto per lo più) solo un mero retaggio della tradizione, in quanto non solo anche la Waseda ha allievi illustri - sono attualmente impegnati anche con l’Italia e il progetto spaziale con il grandissimo Taniguchi Sensei - ma te sega anche lei le mani a livello di tasse.

Fra l’altro, seconda parentesi, quest’anno sono 150 anni dalla fondazione della nostra e 125 della loro università, è c’è stato un boom delle vendite per la roba limitata come ad esempio il file con le scritte celebrative dell’evento, come mostrato in una delle immagini che vedete.
Chiuse parentesi.
La loro festa, insomma, è stata veramente divertente, lo devo ammettere, ci san fare più di noi a cagnara.
E te credo a forza de sagre dell’uva.
Ma vabbè dai.
Quando entro nel campus vedo paggi e mimi danzanti, yakisoba e kimchi, uinnaa (da noi detti “wurstel”, alla austriaca, in Giappone son detti i “viennesi” ), poi pollo e tapioca e pudding e fiumi di vino e birra e un mare, un mare di gente da non camminare nel seppur grande campus di Takadanobaba.
Entro e c’è una fila di uomini in mutande a sfilare su un palco, poi ragazzi aitanti vestiti di lycra blu per promuovere della tapioca a 300y, poi ragazzi/modelli che propongono di truccarti gratis per vedere l’effetto.
Bene.
Alchè cammino rasente ai muri, poi guardo pe tera e vedo mucchi e mucchi de banconote da cinque e diecimila yen che me guardano e movono le mani, pìace pìace, ecc.
Insomma, arrivato vicino al cuore dell’Università, davanti ai miei occhi c’è un variegato sottomondo di universitari ed alumni dediti, durante la pausa da pasce ‘e pecure, alla vendita di oggetti personali et varia arte in anfratti remoti del campus.
Mi infilo nella folla e continuo a girare per le bancarelle.
Mi fermo davanti alla lunga fila per i ritratti fatti dagli studenti stessi: per 200y ti fanno una caricatura al volo, proviamo.
Seduto vicino a me c’è un padre che è venuto con la figlia, una bambina di 7-8 anni, a farsi fare la caricatura.
Ogni anno viene con lei dal solito ragazzo da cui si rivolge da circa quattro anni, ci ha detto.
La sua bimba ha uno sguardo curioso e calmo, e mentre lui mi parla mi siedo, chiamato dallo studente, e mi faccio fare la caricatura anche io.
Mentre parliamo la bambina, in braccio a lui, sfoglia l’album che il padre ha portato per farle vedere le caricature tutte assieme.
Poi di colpo si ride tutti assieme quando il ragazzo-artista, davanti a me, visibilmente a disagio con un viso non propriamente “nipponico”, inizia a sbroccare come Merilyn Menso ana festa de seminaristi indeciso tra colori, linee e cavoli vari che differiscono sensibilmente dal solito mandorlato ripieno.
Si ride perché tutti se ne accorgono, padre incluso, e le mie amiche, infami come che, intanto continuano da dietro con “dai fagli i capelli biondi, non ha gli occhi propriamente asiatici eh? pfff, pfff” eccetera.
Poi si va via, si saluta il signore e la bimba, e si va in giro per la fiera a cercare l’entrata del concerto.
La troviamo e ci sediamo, e delle ragazze ci portano un foglio (il famoso “anketto”) da riempire prima della fine, come vi siete trovati, come è la sala, come è la voce ecc, e mentre faccio per compilarlo nelle parti dove è possibile la cantante, amica della mia amica, entra, vestito stile classico con rimandi al fiabesco, orli e pizzi sul bianco panna, er chitarrino serio, sgomito alla mia amica e le faccio ma chi è aò, cioccate che roba.
Durante il concerto scopro che è la cantante di una delle canzoni del film “Linda Linda Linda”, tormentone sia visivo che acustico di un paio di anni fa (con strascico fino all’anno scorso e in qualche spot quest’anno).
Prima di attaccare a cantare la tipa rompe un pò il ghiaccio, battutine forti del tipo ammazza, tutti sti giovini virgulti anconcerto mio, gajardo.
Penso ma come canta questa o, da avere sempre pochi giovani ai concerti.
Eppure è na pischella. Boh.
Quando lo scopro, è troppo tardi.
La mia amica mi sgomita, effettivamente la sera prima avevo dormito tipo tre ore e si me metti e luci soffuse e a cantilena io mappisolo a ciccio, poi chiamà pure Giggi dagghe.
Insomma, figura barbina coll’amica mia.
La tipa mi scrive la sera stessa con toni di disprezzo malcelati in una mail sbarazzina.
Mi scuso, ovvio.
Anche perchè peccato dai, perchè la tipa era veramente for YAAAWNN.
No davvero dai, veramente eccezionyawnnn.
Stonf.