domenica, novembre 26, 2006

Autunno Giapponese - 箱根の紅葉 - Prima Parte


E' tempo di Mitasai, qui a Tokyo, ed è tempo di viaggi autunnali per il vostro Casalingo a Tokyo.

La destinazione prescelta per il Kouyou (紅葉, le foglie degli alberi che diventano rosse) quest'anno è Hakone, classica meta turistica dei fine settimana nipponici poichè, oltre che decisamente vicina alla Capitale (assieme ad Izu e Nikko), offre Natura a buon mercato e Onsen di discreta qualità.

Il treno per Hakone parte verso le 10:10, quindi sbrighiamoci e non perdiamo tempo.

Le possibilità che ci vengono messe a disposizione, come al solito, prevedono un treno veloce a pagamento anche con l'Hakone Pass (la famosa "Romance Car") e uno scrausissimo Tokkyu da due lire aggratise.

Opto per il secondo in slancio.

Il viaggio per Hakone non è molto distante dalla classica lunga trasferta in metropolitana per andare, non so, a Disneyland o Makuhari Messe o chessò io. Bisogna mettersi in fila per i posti con largo anticipo onde evitare de sta impiedipe Nora & Trequarti.

L'unica differenza tra questo e la Romance Car, oltre ai sedili in stile treno che qui latitano tristemente sostituiti da divanoni ikea rosso porpora, è il tempo impiegato per il viaggio, che nel mio caso si allunga di una mezz'oretta circa.
No problem, ho il DS con Yoshi callo callo, o due chiacchiere al volo con gli altri se non si dorme.

Arrivo al binario per attendere il treno e incontro, fatalità, una ragazza giapponese un pò petulante che ho conosciuto all'Università.
Questa tipa studia spagnolo e petulantemente stava andando, anche lei, ad Hakone a casa della nonna per godersi il Kouyou.
Al di là delle classiche chiacchierate poco interessanti, il vero mito del duo è la nonna della mia amica.
Aò è annata dappertutto.

La mia amica: "Nonnina, nonnina, sai che il ragazzo, qui, è italiano?"
La Nonna: "Ah, sai sono stata anche in Italia, tempo fa"
La mia amica: "Quanto tempo fa, nonnina, quanto quanto"
La Nonna: "E sarà na trentina d'anni, pisè"
La mia amica: "Davvero nonnina? Allora il Colosseo ancora lo stavano costruendo, hihi, hihihi"
La Nonna: "A pisè, nu rompe er cazzo che all'età tua operavo a core aperto"
La mia amica: "Nonnina nonnina, digli in che altri posti sei stata, dai dai"
La Nonna: "Beh ho visto Germania, Inghilterra, Francia, Italia, Spagna, Nord Europa, anche Cina, quasi tutta l'Asia, ho girato molto insomma. Mio marito lavorava per una importante compagnia aerea".

Ahhh, e me lo potevi di prima no.
Pensavo che tu padre t'aveva vennuto a Vitali come sonatore d'arpa.
Hai capito Dolce Remì.

Alchè le faccio, per fare il simpatico: "E' stata anche in Africa?"
La Nonna: "Nono!" (ride, hihi)
La mia amica: "Nonnina nonnina, di la verità che te piacevano qui bei senegalesi irsuti hihi"
La Nonna: "Pisè nun me fancazzà che nun te lascio più er comodino Ukiyoe de Sharaku co li sordi eh"
La mia amica: "Scusami nonnina, nun fare cosi dai"
La Nonna: "Ahh, sti giovani d'oggi...nessuno è più come dolce come la mia Jolie Coeur."

Insomma, finito di parlare anche dei tre canetti ammaestrati, per gli aficionados i famosi Capi, Zerbino e Dolce, si monta sul treno e si procede ad accaparrarcisi i posti.

Il viaggio scorre tranquillo, tra una pennica e una partita a Yoshi, e finalmente il treno arriva ad Hakone Yumoto, lo snodo ferroviario centrale.

Salutiamo la coppia, che tra mille inchini ci ringrazia per la piacevole chiacchierata.
E chiacchierata de che, hai parlato solo te.

Usciamo verso la fermata degli autobus, consci che la nostra prima visita da fare è all'albergo, a 2 minuti dal Lago di Ashi, per posare i bagagli.
Il lago di Ashi è l'attrazione forse più famosa di Hakone.
Hanno tristemente piazzato al centro un paio di repliche di navi storiche famose (ad esempio della Wasa, una nave svedese del 17esimo secolo, l'originale restaurata è a Stoccolma), ma che fanno tanto turismo come da noi le botticelle, a bocca daa verità e compagnia cantante.

Pio la nave, il tempo non è dei migliori e non si riesce, purtroppo, a vedere una delle tre viste del Fuji indicate sul depliant.
In Giappone, da quando Hokusai ha deciso di mettersi a disegnare onde e vecchi col cappello, ogni volta che si riesce a vedere il Fuji ne parla il TG.
In ogni maledetto posto in cui se ne veda anche una minima porzione, loro fanno il pamphlet sulle specifiche viste del Fuji di quella data località.
Schematizzano.
Razionalizzano.
Da qui, tre nuvole sul Fuji se non piove.
Se ci sono 22,456C°, vedrai un rivolo di neve fresca scendere dal lato sinistro, verso la ventitreesima roccia, quella a forma di ernia di opossum nano, si, ecco, quella.

Mica come da noi, direbbe l'orientalista hardcore, quello che vive il Giappone un pò alla Richard Chamberlain e che mangia anche deiezioni di cane, se opportunamente foggiate a forma di Manjuu.

In realtà lo ammetto, ho visto il Fuji fuori schema.
Uccidetemi.
Fra l'altro, alla faccia dei pamphletto e dell'Assessore al Turismo, era molto meglio di quella consigliata, tiè, rosica.

Ok, eravamo alla nave.
Sulla nave faccio amicizia, al solito, col primo tizio che incontro.
E' un giapponese ricco (ha portato la donna al Danieli a Venezia, Taaac!) con la sua ragazza/compagna/amante/ptn. d'a.b. e i due sono in viaggio di piacere per far vedere a lei, giovane cinese ancora passabile, le bellezze del Giappone viste dal punto di vista del vecchio con le ultime cartucce da sparare.
Il vecchio inizia a parlarmi con un italiano uguale al mio tedesco.
BMW, Mercedes, Heineken, ma utilizzando marche e stereotipi diversi che spero possiate immaginare.

E' divertente sorridere ad ognuna di queste battute per la centesima volta da quando sono qui.

"Italiano, buonasera!"

Eheh, hihi.

"Lasagna"

Eheh

"Spaghetti"

hihi

"Maccher"
Si chai rotto er cazzo, grazie.

Ehm.

Insomma si va avanti per un pò a chiacchierare, il tipo mi sfoggia il suo biglietto da visita (cosa comunissima qui) e dice che è un capoccia, bla bla, sonDio, sonfenomeno, lavoroqui, Capo de qua, eccetera.

Wow.
In realtà non avevo sentito il discorso, ero ancora impressionato dalla storia del Danieli a Venezia e dovevo ancora riprendermi.
Comunque, andando avanti..

Fine prima Parte

sabato, novembre 25, 2006

Peluche Galore


Di ritorno dalla gitarella ad Hakone (di cui parlerò nel prossimo post), posto una foto che ho fatto stasera come autocelebrazione totale globale termonucleare.

Incredibilmente, in questi giorni sono riuscito a vincere, uno dopo l'altro, ben due nuovi peluche per la mia collezione "Tokyo Ufo Catcher Autumn - Winter Edition 2006".

La foto parla da sola, sono, nell'ordine (da sx): Zuumin, Stitch, Doraemon versione natalizia, Totoro (davanti a Stitch).
Zuumin è un personaggio abbastanza celebre da queste parti, le cui sopracciglia sono prese da quelle di un tizio di una trasmissione TV.
La versione femminile (Chaamin) è il prossimo passo al completamento della Frocerie Edition 2006.

Gli altri personaggi spero li conosciate, altrimenti buu.

E' Sabato sera e si esce, non ho molta voglia di stare a scrivere :)

lunedì, novembre 20, 2006

Altre Cento Lire [Repost]


C’era sempre qualcuno, nel bar dentro lo stabilimento, che mentre giravo
la manovella di metallo cercando di spostare la biglia guardava noialtri
stronzi come si guarda un gruppo di drogati buttati su un marciapiede.

Dietro di me c'era il gruppo di ragazzini insabbiati, coi costumi ancora
fradici e le cento lire a vista, tutti attenti a guardare me che provavo
a vincere mentre masticavo la gomma che il bambino perdente mi aveva
regalato perchè gli facessi la biglia bianca, quella con le venature
colorate.

O quella a specchio, quella che non avevo, o forse si, ce l'ho, dopo
vedo nel sacchetto, in ogni caso è tua, non ti preoccupare.

E allora tutti noi si guardava questa cazzo di biglia scorrere su quelle
due piccole, stronzissime striscie di plastica bianca, e mentre col
trucchetto scuotevo la manovella per far girare il disco di metallo alla
fine del percorso, il resto del mondo, pian piano, non esisteva più.

C'eravamo io e gli altri, quella mattina al mare, e le donne non
significavano un cazzo di niente, le macchine un cazzo di niente, i
vestiti un cazzo di niente, i soldi un cazzo di niente. C'eravamo solo
noi e quella pallina, e tutto il resto poteva andare a farsi fottere.

Quando guardo quello che siamo diventati noialtri drogati del gruppetto
degli inzuppati, quando guardo il tizio della mia età che mi chiede che
significato logico abbia avuto continuare a giocare ai videogiochi, o
fare buchi col trapano in dischetti da 720 invece di comprarne due o
leggersi tutto il Silmarillion sotto alle coperte con la torcia accesa,
sembra come se qualcuno volesse farmi capire che c’è chi ha continuato a
crederci e chi no.

Chi ancora crede di potercela fare e chi è stato sconfitto, e alla fine
non ha voluto mettere altre cento lire dopo il continue per finire il
gioco e fottere davvero quel grandissimo figlio di puttana del mostro
finale.

E li vedo li, quelli normali, mentre non provano meraviglia di fronte a
idraulici italiani che saltano piattaforme ma lo fanno davanti a cose
più vere come tronisti, veline, mani curate e sopracciglia tagliate, che
mi guardano ancora per quello che sono, un maledetto drogato, io che
ancora oggi mi emoziono con quelle cazzate.

Io drogato che non riesco proprio a capire come sia bello avere la nuova
borsa di Prada, la nuova maglietta con scritto Latitante, io drogato che
non spendo i miei euro per avere la faccia abbronzata maldive ma lo
faccio per giocare a Ouendan o per vedere come va a finire quel manga o
quel fumetto americano.

Li vedo li, quelli normali, quelli seri, quelli giusti, che tentano di
fottermi e spesso ci riescono vendendomi accozzaglie di tutti i generi
che poi rimangono inutilizzate, vendendomi anche console che poi
rimangono inutilizzate, cercando di portare anche me nel mondo dei
normali non drogati, mentre in fretta e furia tento di dare un senso a
qualsiasi acquisto che possa anche solo lontanamente essere considerato
della loro categoria.

Quando ci riescono, quando anche io per un attimo scavalco dalla loro
parte abbassando la guardia e comprando sempre più e giocando sempre
meno, mi guardo e penso che sto invecchiando, sinceramente.

Quando ci riescono per un secondo penso a come io possa fare, stavolta,
per cancellare questa cazzata.

Poi accendo la tv, clicco sul tasto power della console e torno a
saltare tra le nuvole su uno skateboard, evitando i colpi dei polipi
nell'acqua.

Mentre penso a quale gioco accantonato proverò a riprendere stasera,
inconsciamente, dalla mia tasca torno ad infilare, ancora una volta,
un'altra monetina.

sabato, novembre 18, 2006

Yamanote Halloween Party 2006



Ed ecco finalmente uno spiraglio di tempo per buttar giù due stronzate sul party di Halloween (con ben quasi un mese di anticipo, vedo).

Quest'anno per evitare di infilarmi nei classici Club Shibuyesi/Roppongesi tutti R&B e poca sostanza, ho puntato sullo Yamanote Party che si tiene ormai da un bel pò il 28 Ottobre sulla linea centrale della capitale nipponica.

Oramai decisamente meinstrim e sputtanato dalla pubblicità ricevuta l'anno scorso, il party consiste in: montà su er treno tutti assieme coe bire & fa bordello.
Dice che è divertente, quindi annamo.

Ore 20:50
La metro è invasa da Gaijin e giapponesi ubriachi: c'è un gruppo di soggetti che è vestito da Paue Rengie, uno da Pesce Palla, poi er cavallo, er Frate co a Sora affianco, Scrimm, er Vigile der foco e i soliti con la bavetta rossa alla bocca e i dentoni.

Si aspetta sul binario, vicino alla linea gialla, il treno delle 21:07 come concordato dal programma del Party.

Mi si avvicina una tipa vestita da strega, avrà sui 40 anni, bionda scheletrica, forse russa. Le si vedono le vene sulle braccia.

E' facile fare amicizia durante queste cose.
Soprattutto qui, dove sembra uno di quei circoli con le sedie dove chi parla per primo deve dire prima il nome, che tutti lo salutano con la voce depressa.

E' in quel momento, che succede.
Plung.
Ho staccato.
E' il jack da 9, quello per ricevere dalle orecchie.
Il mondo visivo dietro il mio sorriso tipo paresi non si accorge che non ascolto.

Arriva un tizio grasso e comincia, probabilmente, a parlarci dei Misfits, di quanto gli piacciano Balzac e Osaka Popstar.

La russa controlla il cellulare e mi parla, probabilmente, di quanto la politica di Nakasone abbia influenzato positivamente il trend post-bolla del Giappone degli anni 90.

Il grasso ora passa dai Misfits alle matrici e array nel calcolo computazionale.

Io annuisco.
Dall'esterno vedo il mio viso allegro e fermo, i miei occhi che roteano e i colori, i colori, le persone vestite e i colori.
Sorrido e vedo i colori, flutto e vedo i colori.

Il grasso comincia a stancarsi di noi che stiamo zitti mentre lui parla di tutto, e allora va a dire agli altri vicini le stesse cose che ha detto a noi zitti mentre anche gli altri vicini assistono zitti.

All'improvviso arriva il mio amico cinese.
Un cinese vestito completamente in fucsia.

Nel silenzio del casino che c'è intorno a me, la gente intanto si raduna in fila nell'attesa del treno. I visi sorridono, le birre cominciano a spruzzare, in sottofondo al silenzio dentro la mia testa.

Riattacco l'interruttore.
Plung.
Un fiume di rumore mi entra di botto nelle orecchie.
Ti eri scordato di selezionare DVD sull'amplificatore, e hai lasciato il volume a palla perchè pensavi fosse il volume.

Il cinese mi saluta, mi parla di quanta gente ci sia, che verranno anche le altre cinesi, l'inglese, gli altri, tutti.

Gli dico: ehi, bel vestito, complimenti.

"Me l'ha regalato mio padre", dice.

La russa intanto se n'è andata.

"Voleva lo mettessi, un giorno, magari a capodanno", dice il cinese.
"L'ho messo oggi perchè mi sembrava allegro", dice.
"E poi nessuno è vestito da capodanno cinese, no?", dice.

Ma ringrazia che non ce stanno e finestre va, che quello vestito da Sniper Wolf t'aveva pure puntato.

Mando vai vestito da pugnale volante, a vorpe deggiada.

Intanto che tengo er cinese pe la giacchetta (me volasse su e canne poi chi lo ripia), all'improvviso, arriva il treno.

La gente comincia ad alzare lentamente i propri pugni verso il mento, unisce i gomiti tipo arale, gira il torso a destra per dare la spalla a quello davanti.
Tutti a fa a spallette, ci comprimiamo, entriamo e siamo un blocco unico.
Spero non ci sia il classico ciccione sul treno, quello merda-flavoured che ti capita vicino solo quando devi prendere il TAF a Ostiense alle 6 di sera.

Il cinese, vicino a me due secondi fa, ora è più o meno a 12 vagoni da qui.
Lo vedo, piccolo puntino volante, che ora flutta sulla gente che spalletta, lui co a spada verde e sotto l'attrice de iro (l'altra cinese arrivata) che poi sarebbe pure quella de memoria de na gheisha.

E allora ci si muove, a modo nostro.
C'è un tizio che ha deciso che vuole ballare.
Scatena l'occhio destro a tempo di musica.
Cori di gente in delirio.
UUU.
Mentre smetto di ridere, il treno parte, a suo modo.
C'è un giapponese che è riuscito anche a fare il classico gioco del dare pezze sul vetro, la finta ribellione, non so se avete capito nsomma.
Mi giro verso gli ultimi 90 gradi di visibilità che mi rimangono a destra, e mi accorgo che non stava bussando.
Un tizio aveva semplicemente messo il vibra al cellulare che aveva in tasca, e le persone nel treno ne avevano propagato l'effetto a catena sulla testa del giapponese. Bzzz. Bzzz. Bzzz.

Ora c'è un salaryman, sulla 55ina, dietro di me, che mi da pugni sul culo, senza parlare.
Alla prima mi giro, per quello che posso, e annuisco come per dire che non posso muovere probabilmente neanche i gluti, è inutile che insisti secco.

Il tizio continua, mi rigiro e lo imbruttisco che neanche maiana e serpentone edition 2006.

"Nani korè?", mi fa.
E' una festa, rispondo. So civile.
Intanto guardo bene il tizio.
Ha in mano una busta colma di fazzolettini pubblicitari di carta, quelli da distribuire.
Si è fottuto in testa, cazzo.
Si gira verso la tipa seduta alla sua destra, una canadese che è praticamente barbi, ma più de plastica.

Gli comincia a dare un pacchetto di fazzoletti.
Lei sorride, annuisce, ringrazia.
Lui parla, biascica due parole in croce.
Lei sorride, annuisce, ringrazia.
Alchè lui le ridà un altro pacchetto di fazzoletti.

Do una leggera botta con la testa al palo dove mi sorreggo, per vedere se sono sveglio.

Il giapponese ricomincia a dare fazzoletti a barbi.
Sesto pacchetto.
Al settimo pacchetto lei capisce, mi guarda, riguarda il giapponese, diventa seria e poi guarda da un'altra parte, come le bambine indispettite.
Il giapponese da i fazzoletti ad un'altra, quella alla sua sinistra, vestita da strega.
Li rifiuta.

Eccaallà, mo takeshi kitano tira fori a katana e chammazza a tutti.
A defishente i potevi pià no.

Non succede niente.
Il giapponese è ora diventato normale, non da confidenza, non parla, guarda il cellulare, sente gli mp3 mentre guarda il cellulare, guarda gli mp3 e sente il cellulare. Normale.

Vabbè.

Ogni tanto la luce va via, c'è l'omo pesce palla che stacca i neon dai vagoni, e poi tutti fanno OOOO e la luce va via del tutto perchè l'omo fugu l'ha staccate tutte.

Si cominciano a contare le fermate, la gente le chiama prima degli stop.
SHI-NA-GA-WA
SHI-NA-GA-WA
SHI-NA-GA-WA

Trovo posto per mettermi seduto.
La strega, quella vicino a kitano, è uscita onde evitare gravidanze indesiderate fuori pillola.
Solo lei infatti aveva notato che un tedesco, in fondo al treno, si era appena mosso per aprire una birra.