mercoledì, gennaio 10, 2007

CAPODANNO 2007 - 新年元旦



All'ultimo minuto, decido di ignorare bellamente tutti i vari posti all'ultimo grido di Tokyo e di buttarmi dalle parti di Yokohama in quel di Sakuragi-cho (teatro del JDrama che spopola in Giappone in questo periodo, Tatta Hitotsu no Koi, co er cantante dei KAT-TUN come protagonista) insieme ad un gruppo di cinesi conosciuti di recente.
Il percorso prevede cena non so dove, countdown non so dove e il resto del non so dove al Sensouji, noto tempio di Asakusa indove che è pieno di negozietti turistici e fa molto ritorno alle care vecchie cose di famiglia per il popolo di Limonia.

Alle 23:30 ancora devo mangiare, e sto morendo di fame.
Becco Friday's, nota catena americana a base di feccia fritta come solo il popolo di quel pirla di Bush poteva friggere.
Chiedo, la tipa al banco come al solito anche parlando in giapponese epoca Nara verte per l'inglese per farmi contento, io vero italiano fac-simile di un americano non obeso quindi anche raro a dire il vero, e però mi dice che c'è a fila.

30 minuti de fila, manco a Licani.

Ok, le donne vanno al cesso a coppie come al solito, e noi maschietti si sta ad aspettare parlando del più e del meno, ma qui non c'è Vieri che co a Canalis quindi improvvisiamo giungendo fino al diviso e ai radicali.
Vicino a me c'è infatti un cinese simpatico che fa l'ingegnere, parla un inglese abbozzato al volo ma in cinese dicono sia simpatico.

Essì perchè il carattere di una persona cambia quando si usa un'altra lingua.
Come diceva Bàtteman, è quello che fai che ti qualifica.
In questo caso è quello che dici, e se lo dici con parole di un bambino risulti un bambino.
Ecco svelato il vero problema di chi affronta lingue straniere, e quando sono complesse come il giapponese poi la cosa è amplificata a mille.
Ognuno prende qualcuno come esempio per la lingua da imparare.
A volte anche famoso, e alla fine la storia diventa interessante.
C'è chi per l'inglese attinge la pronuncia da Tom Crus, la grammatica da Cluni e l'accento da Pirs Brosna, e alla fine parla solo de magnasse placente, rapinà i casinò e de ndò annà a parà dopo 007, ma magari nella lingua madre è un povero pirla o un fine maestro di eloquenza. In questo caso decidere come considerare quella persona è difficile, molto.
A volte provo a pensare a chi attinge dalla Aguilera o da Paris Hilton.

E' che l'inglese è una bella merda, diciamocelo.
Anche imparando la lingua ad un livello più che avanzato, spesso le espressioni sono le stesse e il tono da assumere fra l'altro potrebbe suonare antipatico, perchè devi fa come loro.
Voglio dire, non sei tu, sei Cluni, o la Aguilera, o Brosna, e non è che a tutti ie sta bene de esse brizzolati e de fa i troioni da sbarco o de beve i Martini non shekerati.
Ecche è.

Insomma, il discorso col cinese verte sul tera tera spinto.
Al ritorno, le donne del gruppo si lamentano della fila al bagno, noi ci lamentiamo dell' attesa per le donne del gruppo e la gente in fila al ristorante si lamenta della fila al ristorante.
Intanto, con la coda dell'occhio vedo un ristorantino niente male a ponente.
C'è scritto tipo “Al Drago Blu”, o simili.
Visto che l'entrata è un po' nascosta, e memore del celebre Ostrica Blu di Scuola di Polizia (dove vanno tutti quei bei ragazzoni borchiati dappertutto tranne dove non serve, per chi legge ci vediamo dietro alla segheria, sarò quello con il foulard a quadri rosa), porto uno dei taiwanesi all'ingresso per accertarmi della bontà del tutto.
Sembra carino e si entra tutti, in barba ai bovari e agli Onion Rings.

Ci mettiamo seduti, il ristorante è praticamente al buio.
Ogni tavolo è illuminato da piccole lucette attaccate alle tubature dell'acqua (eh?).
Dico ammazza, gaiardo eh, er cinese me fa, si anfatti, na sghiciata.
Faccio per ordinare i miei bei quattro pezzetti, mi consulto con la ciurma taiwana che mi dice come questo in Taiwan costi un decimo, questo un ventesimo e questo è gratis.
Si ma io devo magnà aricà, ennamo.
Il tipo cinese ordina gamberi fritti tipo in Harumaki, poi gamberi in pastella piccante e una specie di pasta con gamberi al gusto gamberi in salsa gambera.
Io vado uguale, fidandomi di Bubba.

Aspettiamo l'ordine, ed intanto le luci del ristorante ballano un pò, poi si spengono.
Buio ovunque.
Eccaallà, er teremoto, dovea capità a Capodanno.
Nono, non è un terremoto, sta iniziando qualcosa.
Parte una musica techno e un tipo va davanti ad un bocchettone e ci rimane in piedi.
Si accendono le luci ai lati del corridoio che abbiamo percorso per arrivare al tavolo.
Il tipo davanti al bocchettone si atteggia a cubista: ambriaco, maestaffà.
Beh, che ci crediate o no nel ristorante si forma una piccola cascata.
Esce acqua dal bocchettone, tipo quei film alla Alien in cui alla fine si salvano perchè la porta si poteva sbloccare anche sotto 40 atmosfere con una semplice scurreggetta sottomarina. Pluff.

Il corridoio adesso è pieno d'acqua, abbiamo acqua vicino ai piedi, il locale è totalmente buio. Figo.
“Io voglio i miei gamberi”, dice Bubba.
“E ho capito, mica tii posso pescà, a Bu, essi bono no”.
La musica continua, tendendo all'elettronica. Partono altre lucette suggestive.
Vista la sorpresa, ci emozioniamo un po' tutti come bambini.
Eheh, hihi, tutti a sorridere e a ripetere “takidà, takidà” come fessi.
Ho un bellissimo ricordo di quei momenti.

A un certo punto si riaccende tutto, la cascata è stata riassorbita dal pavimento del corridoio, i camerieri ripartono coi piatti e noi si cena.
Abbiamo bacchette mai viste per mangiare, con sezione non tanto grande, diciamo tipo sequoia nana.
“Quando ci sono queste vuol dire che il ristorante è migliore”, dice una delle ragazze.
Si, Si, Si, Si, replicano gli altri nell'ordine in cui sono seduti.
Si, dico io, per non sentirmi da meno.
Quando inizio a mangiare faccio il disinvolto, ma in realtà anche i cinesi sono nel panico, nceprovà.
Le bacchette scivolano a tutti, sguillano, nse piano aò.
Incredibilmente, la fortuna ha voluto che la specie di spaghetti non identificata ordinata da Bubba sia con una buona probabilità una della specie più sottili esistenti al mondo.
Bene, bravo er crostaceo.
Pe pianne un po' all'inizio è facile, so tanti, e te credo, basta avvicinà le punte delle sequoie e via.
Alla fine, invece, diventa leggermente meno faticoso di una qualsiasi corsa in carrozzella in salita con vento contrario, fango in terra e la spesa da portà.

Mi scopro novello contorsionista. Mentre mangio con due mani, con la terza dietro la testa rispondo alle chiamate al telefono che arrivano per il Capodanno, con la quarta saluto per le foto, con la quinta mi gratto la prima.
Finito il “primo” si procede per gli Harumaki, che vanno via come l'ostia aò, buonissimi, Bubba c'aveva preso, tocca a regalaie na torta ai gamberi prima o poi.

Ma è già tempo di sbrigarsi, è quasi mezzanotte.
Due minuti al countdown, dobbiamo correre alla ruota panoramica, paghiamo il conto, ci rovesciamo fuori dal locale, per le scale, si corre, si ansima, anvedi, a rota, daie, daie a Bu che fanno i botti, cori, cori Bu.
Il cinese avendo compreso perfettamente il mio romano anteguera, uscito di bocca dato il momento di enfasi, me parla anche lui in cinese che io ora capisco diverse volte e in momenti ispirati anche alla rovescia.

Adesso siamo in strada, finalmente.
Ai lati della ruota panoramica vengono sparati i primi fuochi d'artificio dell'anno: è Capodanno gente.
E' Capodanno, cavoli, proprio ora, in questo momento.
Una sensazione strana mi avvolge, un brivido, sono felice, sorrido.
Si ride come pazzi, si urla per la strada, i giapponesi urlano con noi.
Si attraversa la strada, la ruota panoramica scandisce il primo minuto dell'anno, noi tutti insieme gli corriamo incontro a perdifiato per non perderci nulla.
La corsa, la notte di Yokohama, le luci dei fuochi d'artificio che si riflettono nei nostri occhi, il vento fresco sulla mia faccia.
E ora un altro anno è passato, gente, e io sono ancora qui, a correre indietro al tempo e sentire, ogni volta, quel brivido forte dietro la schiena quando il futuro, all'improvviso, si avvicina.

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